Calcolo quantistico: dalla teoria alla disruption

  • Qubit al posto dei bit: la capacità di elaborare quantità molto maggiori di informazioni, più velocemente
  • Sono in fase di sviluppo tecnologie quantistiche concorrenti, ognuna delle quali presenta vantaggi e sfide
  • L’opportunità sembra certamente allettante, ma richiede un orizzonte temporale lungo e una grande tolleranza del rischio

L’informatica quantistica promette di trasformare molti settori, grazie a capacità di risoluzione dei problemi che superano di gran lunga quelle dei computer classici. Quando avverrà il passaggio e quale tra le tecnologie quantistiche concorrenti avrà la meglio rimangono tuttavia questioni aperte. Ciò comporta uno spettro di investimenti intensi, anche da parte dei governi, ma anche una tempistica incerta per la redditività. Per le società che operano in questo settore, non si può escludere il rischio di esaurire i finanziamenti prima che la redditività commerciale venga raggiunta, e ciò giustifica un orientamento di investimento prudente, ma attento.

Microsoft ha recentemente fatto notizia quando ha presentato il suo chip Majorana 1, pubblicizzato come “la prima unità di elaborazione quantistica (QPU) al mondo alimentata da un core topologico, progettata per scalare fino a un milione di qubit su un singolo chip”. In parole povere, ciò significa che utilizza un innovativo materiale topoconduttore per progettare i qubit, l’unità di base dell’informazione nell’ambito dell’informatica quantistica. A differenza dei bit classici, che assumono solo il valore di 0 o 1, i qubit possono sovrapporsi e quindi esistere in più stati contemporaneamente, consentendo un’elaborazione più rapida di quantità molto più grandi di informazioni. Sebbene questo prototipo di chip contenga solo 8 qubit, i ricercatori di Microsoft sostengono che, tra qualche anno, il numero potrebbe crescere fino a un milione, ben al di sopra dei circa 1.000 qubit che oggi alimentano i più grandi computer quantistici in funzione.

Le super-macchine esistenti si basano principalmente sui “qubit superconduttori”: una tecnologia sviluppata in particolare da IBM, Google e dalla meno nota Rigetti Computing, che sfrutta le tecniche di fabbricazione dei semiconduttori per ottenere la scalabilità, ma che incontra difficoltà nel mantenere stabili i qubit (la cosiddetta coerenza). Tra gli approcci alternativi all’informatica quantistica in via di esplorazione vi sono i “qubit ionici intrappolati” (sviluppati da aziende come IonQ e Quantinuum), che sono ioni presenti in natura e che offrono un’elevata fedeltà, ma comportano problemi di scalabilità e di controllo laser, nonché i “qubit fotonici” (sviluppati ad esempio da PsiQuantum

e Xanadu), che hanno il vantaggio di funzionare a temperatura ambiente e di offrire un’elaborazione ad alta velocità, ma devono affrontare problemi in termini di perdita di fotoni e scalabilità.

Oltre ai finanziamenti in capitale di rischio e alle società che si occupano di questo tipo di ricerca, i governi stanno investendo ingenti somme di denaro nella costruzione di hardware quantistico funzionante (sono stati annunciati investimenti per 42 miliardi di USD durante il 2023), poiché vedono un enorme potenziale in termini di competitività economica e sicurezza nazionale. Sempre più spesso vengono assicurate partnership con fornitori di cloud, del calibro di AWS (Amazon), Azure (Microsoft) o Google Cloud, viste come una possibile strada verso la commercializzazione.

Tuttavia, le tempistiche necessarie per l’adozione da parte dei clienti – e la generazione di liquidità – rimangono molto incerte. I computer quantistici, indipendentemente dalle loro promesse, devono ancora dimostrare una chiara superiorità rispetto all’hardware classico. I costi di ricerca e sviluppo rimarranno quindi durevolmente elevati per tutte le aziende che operano in questo campo, richiedendo fonti di capitale altrettanto durature. In ultima analisi, il fattore di differenziazione non sarà solo quale delle tecnologie concorrenti sopra menzionate vincerà, ma anche la possibilità di costruire un ecosistema quantistico valido (poiché gli strumenti e i linguaggi dell’informatica classica non si traducono direttamente in ambienti quantistici).

Nel complesso, come prossimo grande salto tecnologico dopo l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica merita sicuramente l’attenzione degli investitori. McKinsey stima che potrebbe liberare fino a 2.000 miliardi di dollari di valore economico entro il 2035 nei settori della chimica, delle scienze della vita, della finanza e della mobilità, i quattro settori che probabilmente subiranno l’impatto più immediato. Ma richiede anche un orizzonte di investimento molto lungo (la fase di maturazione potrebbe richiedere decenni) e un’elevata propensione al rischio…

Scritto da Christophe Reuter, Team di gestione di portafoglio

Un equilibrio delicato con rischi su entrambi i fronti…

  • Gli sviluppi sono stati volatili e disturbanti, ma nel complesso meno gravi di quanto temuto
  • Il miglioramento delle prospettive di crescita al di fuori degli Stati Uniti sta eliminando alcuni premi per il rischio negativi
  • I ricchi multipli degli indici azionari nascondono sotto la superficie una realtà molto più complessa

Finora non è andata così male… Nonostante i colpi di scena sul fronte dei dazi, le continue interferenze della Casa Bianca, le acque agitate a livello geopolitico o l’attenzione catalizzata da DeepSeek che ha frenato il settore tecnologico statunitense, le azioni mondiali hanno registrato un buon andamento nelle ultime settimane, guidate dall’Europa grazie a sviluppi meno disastrosi di quanto temuto e a una stagione degli utili del quarto trimestre rassicurante.

I rendimenti delle obbligazioni statunitensi nel frattempo sono scesi, rispecchiando una certa stanchezza dei consumatori e le recenti difficoltà registrate dalle azioni statunitensi. Sui mercati valutari, anche il dollaro USA ha preso fiato, grazie al miglioramento delle prospettive di crescita nel resto del mondo. Infine, l’oro ha continuato a volare alto, sostenuto dal consolidamento del dollaro USA e dal suo status di bene rifugio durante i periodi di forte incertezza, raggiungendo un nuovo record storico, prima di fermarsi appena sotto il prezzo dei 3.000 USD l’oncia.

Le nostre prospettive economiche globali prevedono ancora un soft landing, con una crescita più lenta ma positiva e un’inflazione leggermente al di sopra dei livelli target, seppur accettabili, della banca centrale, che porteranno a una graduale normalizzazione dei tassi nei prossimi 12-18 mesi. A questo proposito, i responsabili della politica monetaria dovranno camminare su una linea sottile, poiché permangono numerosi rischi e incertezze (al ribasso e al rialzo), che vanno da una guerra commerciale globale, un’inflazione persistente o qualsiasi altro shock inatteso in grado di deteriorare le condizioni finanziarie, a un miglioramento dello scenario geopolitico, a una ritrattazione della politica fiscale più lenta del previsto in Europa o a una ripresa più sostenibile in Cina.

I mercati azionari e del credito mondiali rimangono costosi per la maggior parte degli standard, ma i multipli elevati degli indici azionari nascondono una realtà più complessa, con segmenti come l’Europa, i mercati emergenti, le small e mid cap o i titoli finanziari che offrono ancora sacche selettive di valore.

Tuttavia, prima o poi, questi livelli elevati potrebbero costituire un soffitto di cristallo, se la crescita degli utili dovesse ridursi o i rendimenti delle obbligazioni dovessero aumentare, il che non rappresenta lo scenario di base attuale. A livello di portafoglio, manteniamo quindi una posizione neutrale sulle azioni e sulle obbligazioni.

Questa posizione equilibrata riflette la nostra valutazione delle attuali condizioni di mercato e delle tendenze macroeconomiche attese: rimaniamo investiti attraverso un’allocazione bilanciata e ben diversificata, che dovrebbe consentire ai portafogli di beneficiare dei rendimenti positivi, seppur contenuti, attesi per la maggior parte delle asset class quest’anno, mitigando al contempo gli ostacoli e mantenendo la flessibilità necessaria per adattarsi alle condizioni mutevoli.

Abbiamo corretto il nostro posizionamento per riflettere meglio l’impatto dei recenti sviluppi in Ucraina. Manteniamo la nostra preferenza per le azioni statunitensi, bilanciando attentamente l’allocazione alle small/mid cap (gestite attivamente) e una posizione passiva negli ETF S&P500 Equal Weight, con mega cap un po’ meno orientate alla crescita. Stiamo inoltre rivedendo al ribasso l’esposizione al Regno Unito, portandola a un leggero sottopeso, mentre la nostra posizione nelle azioni emergenti rimane invariata.

Infine, continuiamo a privilegiare la diversificazione attraverso l’oro, pur mitigando tatticamente la nostra posizione rialzista nel breve termine, in seguito al forte rally.

Sebbene abbiamo rivisto l’esposizione a questo asset a leggero sovrappeso, l’oro rimane una copertura efficace in diversi scenari, grazie al suo status di “bene rifugio” e ai venti strutturali favorevoli. Tuttavia, potrebbe aver raggiunto il picco avvicinandosi ai 3.000 USD l’oncia, soprattutto se la guerra in Ucraina dovesse concludersi.

Scritto da Fabrizio Quirighetti, CIO, Responsabile strategie multi-asset e a reddito fisso.

Le fonti esterne comprendono : LSEG Datastream, Bloomberg, FactSet, Yole Group.