- Nonostante i recenti venti contrari, le azioni svizzere vantano un notevole track record di lungo periodo
- La loro attrattiva strutturale poggia su un contesto fondamentale invidiabile e affidabile
- Dal punto di vista tattico, gli astri si stanno riallineando per le azioni svizzere, a favore di una rinnovata esposizione
Il mercato statunitense avrà pure i suoi magnifici sette titoli, ma da questa parte dell’oceano abbiamo i nostri magnifici svizzeri, che poco hanno da invidiare ai primi nel lungo periodo. In effetti, mettendo per un attimo da parte i nostri Mighty Federer, Speedy Odi o Super Lara, anche il mercato azionario svizzero si è costantemente distinto nel corso degli anni, ospitando molti leader globali high-quality growth. Per questo motivo, nonostante negli ultimi trimestri siano state trascurate da parte da molti investitori, non crediamo che le azioni svizzere abbiano perso il loro fascino. Riteniamo piuttosto che i venti contrari siano transitori e che il miglioramento dell’ampiezza del mercato possa contribuire a ridare lustro al passato.
Dal punto di vista strutturale, riteniamo che tutti gli investitori, nazionali o esteri, dovrebbero sempre possedere almeno una parte di azioni svizzere. Non solo perché gli indici svizzeri sono tra gli asset azionari più performanti nel lungo periodo, ma anche e soprattutto per i comprovati vantaggi in termini di diversificazione di alta qualità offerti dal mercato, combinando gli attraenti leader difensivi large-cap e le più agili small e mid-cap in rapida crescita. La stabilità del contesto politico ed economico nazionale, sostenuta da una crescita solida, da un basso debito, da un’inflazione contenuta, da dati demografici sani e da una valuta strutturalmente forte, costituisce un invidiabile “porto sicuro“. Spesso soprannominata la nuova “Silicon Valley”, la Svizzera, con il suo DNA imprenditoriale e il suo polo di innovazione, offre una luogo favorevole alle imprese, spesso a conduzione familiare, che attraggono una forza lavoro flessibile e altamente qualificata. Infine, considerando la natura orientata all’esportazione della sua industria, con oltre il 90% dei ricavi delle società quotate realizzati all’estero, il mercato azionario svizzero offre agli investitori un asset diversificato davvero globale . Inutile dire che molte società svizzere finiscono per qualificarsi come leader di settori di nicchia innovativi a livello globale, con brand value consolidati che vantano una maggiore produttività, un migliore potere di determinazione dei prezzi e bilanci solidi, il tutto a sostegno di una crescita superiore degli utili, di un elevato rendimento del capitale e di una generazione di cassa superiore alla media.
Dal punto di vista tattico, esistono attualmente diverse ragioni a favore di un aumento o di un nuovo inserimento in portafoglio di azioni svizzere, soprattutto a piccola e media capitalizzazione. In effetti, la sottoperformance degli ultimi anni si spiega in gran parte con una ripartizione settoriale sfavorevole (ad esempio, la mancanza di titoli tecnologici e direttamente legati all’IA), un’impennata dei rendimenti obbligazionari che ha danneggiato in modo sproporzionato i titoli di alta qualità con valutazioni elevate e un franco svizzero più forte, tutti fattori che ora ci aspettiamo si invertano con l’allargamento dell’ampiezza del mercato globale, il graduale calo dei tassi di interesse e l’ulteriore indebolimento a breve termine della valuta nazionale dopo il recente taglio a sorpresa operato dalla BNS. Inoltre, grazie alla solidità dei fondamentali, sia la migliore visibilità del mercato che le migliori prospettive degli utili a breve termine indicano una valutazione relativa insostenibilmente bassa rispetto agli Stati Uniti e all’Europa. Senza contare che la Svizzera è uno dei pochissimi mercati azionari sviluppati a offrire ancora un interessante premio di rendimento dei dividendi rispetto ai rendimenti delle obbligazioni corporate nazionali e dei titoli di Stato decennali, il che dovrebbe ancora una volta sostenere flussi positivi. Infine, a fronte delle rinnovate incertezze geopolitiche, sia sul fronte militare che su quello elettorale, ci aspettiamo che il mercato azionario svizzero si distingua come un’oasi di stabilità per gli investitori stranieri.
Considerando le sue peculiarità strutturali, in termini di concentrazione azionaria e settoriale, e la predominanza di componenti di alta qualità, il mercato azionario svizzero rimane un paradiso unico per gli stock picker, sottolineando l’importanza di un approccio diversificato basato sulle convinzioni e di gestione attiva del portafoglio. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, riteniamo che le strategie flessibili all-cap, che abbracciano sia le attraenti mega-cap difensive, sia le piccole e medie capitalizzazioni cicliche in rapida crescita, siano fondamentali per sbloccare il vero potenziale del mercato svizzero e partecipare pienamente alla sua sovraperformance a lungo termine. Pertanto, nonostante i recenti rendimenti relativi contrastanti, l’attrattiva strutturale delle azioni svizzere è chiaramente intatta e riteniamo che sia giunto il momento per gli investitori di cominciare a riconsiderare i nostri Magnifici svizzeri.
Scritto da Damien Weyermann, CFA, Senior Equity Fund Manager
Rumore e fumo sull’autostrada Goldilocks
- L’inflazione persistente statunitense, i rischi geopolitici e la divergenza delle politiche sono sfide temporanee
- Si prospetta un sano consolidamento azionario, che consentirà un ulteriore rialzo a tempo debito
- Risultato: “Don’t fight the Fed”, riducendo in qualche modo la tua posizione di rischio
Se da un lato l’inflazione persistente americana sta ritardando i tagli dei tassi della Fed e facendo salire i rendimenti obbligazionari globali, dall’altro la crescita economica mondiale si sta dimostrando più resiliente, con l’attività manifatturiera, l’occupazione e i consumi che hanno tutti riservato sorprese al rialzo, nonostante il riaccendersi delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Il nostro scenario macroeconomico di base rimane invariato, ma i rischi di una temporanea riaccelerazione della crescita e/o dell’inflazione mettono in discussione questo contesto favorevole, in quanto potrebbero richiedere una politica monetaria più restrittiva (per un periodo più lungo). Inoltre, le tensioni in Medio Oriente potrebbero aggiungere pressioni al rialzo sull’inflazione e sui tassi, frenando la crescita globale. Sebbene non ci aspettiamo una grave escalation nella regione in questa fase, abbiamo comunque aumentato le probabilità che il nostro scenario macroeconomico negativo si verifichi.
Sulla scia dell’aumento dei tassi e del riaccendersi delle preoccupazioni geopolitiche, gli indici azionari si sono allontanati dai recenti massimi storici, ma restano ben sostenuti dal miglioramento dell’andamento degli utili, dai consistenti afflussi di fondi e soprattutto da una maggiore ampiezza del mercato. In termini di valutazione, guardando al di là degli elevati multipli azionari globali si notano ancora segmenti di mercato interessanti, anche se “meno magnifici”, come l’Europa e le small-cap. Inoltre, gli indicatori del sentiment non sono più in territorio di ipercomprato dopo la recente correzione, mentre l’allocazione azionaria di portafoglio è solo tornata ai livelli medi di lungo periodo dopo la ritrovata propensione al rischio degli investitori negli ultimi mesi. Nel complesso, riteniamo che l’ultima battuta di arresto del mercato sia salutare e che lascerà spazio a ulteriori rialzi a tempo debito.
Nel frattempo, la ripresa dei tassi non ha (ancora?) creato un’opportunità di valutazione sufficiente sulla duration. L’inflazione persistente, i tassi più alti più a lungo (neutrali) a lungo termine e le preoccupazioni per la sostenibilità del debito sovrano che richiedono un premio a termine più elevato non possono essere ignorati. Allo stesso modo, anche uno scenario di “no landing”, in cui l’economia statunitense continua a crescere e non sono necessari tagli dei tassi, rimane un’opzione. Di conseguenza, anche se consideriamo i tassi “equamente valutati”, è ancora difficile entusiasmarsi per il credito agli attuali livelli di spread.
A proposito di tassi, la divergenza tra gli Stati Uniti e la maggior parte delle altre economie sviluppate sostiene il biglietto verde. In questo contesto, cresce quindi anche il potenziale di rottura dei principali cross valutari nei confronti dell’USD.
Le materie prime hanno perso parte del loro potere di copertura/decorrelazione, ma la forte dispersione tra i vari sottosegmenti è evidente (i metalli industriali e preziosi evidenziano solidità, mentre l’energia si è consolidata). Potrebbero offrire un certo valore in specifici scenari macroeconomici non presi in considerazione dal consenso, come un’inflazione ostinatamente elevata combinata con una crescita globale più resistente del previsto, ma continuiamo a preferire l’oro rispetto ad altre materie prime, in quanto gode di alcuni ben evidenti sostegni strutturali (traiettoria fiscale degli Stati Uniti, offerta limitata, frammentazione geopolitica, inflazione media più elevata, de-dollarizzazione e diversificazione delle riserve valutarie) e potrebbe anche essere sostenuto ad un certo punto da tassi reali statunitensi più bassi.
In sintesi, rimaniamo costruttivi sulle azioni, ma abbiamo scelto di prendere alcuni profitti dopo il recente rally. Il contesto macroeconomico più rumoroso illustrato sopra sta alimentando una maggiore volatilità del mercato, che porta a un potenziale (sano) consolidamento nel breve termine. Per quanto riguarda la duration dei titoli sovrani, essa può contribuire a mitigare le perdite azionarie nell’improbabile caso di un’importante flessione degli utili, ma continuiamo a dubitare dei suoi benefici in uno scenario di inflazione persistente, di politica monetaria ancora aggressiva e di recessione non così grave. Alla luce dei rinnovati rischi geopolitici e delle preoccupanti traiettorie fiscali, altri elementi di copertura o diversificazione come l’oro potrebbero essere più efficaci. A questo proposito, abbiamo inoltre adottato un posizionamento più rialzista sul dollaro USA. Oltre a supportare una crescita statunitense resiliente, una politica dei tassi più alti, neutrali, reali e a lungo termine, e una forma di eccezionalità degli Stati Uniti (IA e Magnifici 7), il biglietto verde può anche fungere da copertura contro il rischio nel caso in cui le cose si mettano male, come il franco svizzero.
Scritto da Fabrizio Quirighetti, CIO, Responsabile strategie multi-asset e a reddito fisso
Le fonti esterne comprendono: Refinitiv, Datastream, Bloomberg, FactSet, Jefferies, BNEF